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Straordinario successo dei candidati democratico cristiani in Sicilia

12 Giu
12 Giugno 2015
Firetto, eletto Sindaco di Agrigento al primo turno con il 60% dei voti.

Firetto, eletto Sindaco di Agrigento al primo turno con il 60% dei voti.

Elezioni siciliane: Agrigento, Gibellina e Marsala

Lo straordinario successo di candidati a cultura democratico cristiana ci dice che occorrono tre cose: quantitĂ , qualitĂ , coerenza.
La quantità del lavoro e dell’impegno deve essere tanta, costante, un prerequisito direi.
La qualitĂ  significa avere idee, trasformarle in progetti e strategie che migliorino la vita di tutti i giorni dei cittadini.
La coerenza delle scelte significa che alla fine la gente ti riconosce un valore in piĂą se hai mantenuto le tue coerenze nella vita, negli affetti e nelle visioni politiche della societĂ .

Il garantismo a velocitĂ  variabile del PD (ovvero: decido come meglio credo)

20 Mag
20 Maggio 2015

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Nei tempi andati i commentatori ed i protagonisti della vita politica si dividevano tra giustizialisti e garantisti. La differenza era nota e non occorreva quasi a nessuno un “bignami” interpretativo.
La seconda repubblica aveva confuso i confini ma mai si era veduto una babele interpretativa come oggi.
Il PD, partito piĂą forte, registra appunto per questo le piĂą forti contraddizioni.
Garantista con De Luca, candidato presidente in Campania con una condanna di primo grado e severissimo con Lupi, ministro senza avviso di garanzia; probabilmente garantista con il sindaco di Siena Valentini (avviso di garanzia) e severo col suo predecessore Ceccuzzi, dimessosi all’indomani di un avviso di garanzia.
Garantista a oltranza per sottosegretari e severo con gli alleati di De Luca definiti addirittura impresentabili.
Ora sia chiaro che:

  1. siamo sempre stati favorevoli ad un corretto garantismo
  2. siamo ancor piĂą favorevoli a che il giudizio riguardi criteri di opportunitĂ  politica, ma questo significa anche esaminare caso per caso, con serenitĂ  salomonica, ed avendo il coraggio di spiegarlo chiaramente.

Verrà così reso un servizio al dibattito sulla giustizia ed in definitiva al funzionamento delle istituzioni.

Prof. Alberto Brandani

Mattarella, tre indizi non fanno una prova ma… fanno ben sperare

18 Feb
18 Febbraio 2015

Insediamento di MattarellaL’avvio della presidenza Mattarella è stato segnato da tre indizi di comportamenti presidenziali che lasciano francamente ben sperare.

  1. L’arrivo a Palermo per la consueta privatissima visita al cimitero dove riposa la moglie amatissima su volo di linea. I passeggeri increduli, la stampa pure, i quirinalisti attoniti. Messaggio composto e neppure divulgato. La vera divulgazione è nel gesto in se stesso.
  2. Apertura del Quirinale tutti i giorni ai visitatori. Anche qui esempio di moderazione attenta, non si abbandona il Quirinale ma lo si apre tutti i giorni e si “invita” gli uffici ad arretrare di qualcuna delle 1200 stanze del palazzo.
  3. La scelta del segretario generale. Gli esperti di Quirinale avevano fatto altri nomi. Il Presidente ha scelto Ugo Zampetti già segretario generale della Camera dei Deputati. Cosi facendo si è mosso in piena autonomia concettuale nei confronti della vulgata del presidente del Consiglio che sembra voler rottamare tutto e tutti. Ha ribadito in buona sostanza che competenza, intelligenza e saggezza non hanno età e questo essere il suo metro di paragone.

Se il metro di valutazione può apparire diverso da quello di Renzi, assoluto è invece il rispetto delle norme (volute da questo Governo ndr), infatti il segretario generale prescelto lavorerà senza compenso alcuno. Con il che il Presidente della Repubblica ha colto due obiettivi: ha scelto una persona competente e ha fatto risparmiare allo stato diverse centinaia di migliaia di euro.
Come inizio non c’è che dire: niente male.

I tre moschettieri. Finestra con vista… sul Quirinale

23 Gen
23 Gennaio 2015

Quirinale

Oggi cosa si vede nella nebbia fitta che circonda le manovre per il Quirinale?

Cominciamo con i candidati che abbiano uno standing di relazioni internazionali: abbiamo Prodi, D’Alema, Amato e Casini.

Questi quattro contemperano relazioni internazionali e ruoli istituzionali ricoperti nella vita del paese.

La rosa è di quattro nomi ma due, Prodi e D’Alema, non sono forse graditissimi ai contraenti il Patto del Nazareno.

Troppo forti, troppo autorevoli, troppo tutto insomma.

Restano Amato e Casini.

Gli italiani non hanno perdonato ad Amato il prelievo forzoso sui conti correnti (a prescindere dalla bontà o meno del gesto) e molta sinistra lo ha riempito di incarichi prestigiosissimi con un retro pensiero un po’ malpancista. Si tratta comunque di una indiscussa personalità.

A Casini, la minoranza del PD rimprovera forse certi tentennamenti nei suoi rapporti con Bersani ma la perfetta gestione della Presidenza della Camera, una tendenza alla ricerca del compromesso equilibrato ed una non comune professionalitĂ  politica ne fanno un candidato altrettanto attendibile.

E se Renzi volesse sparigliare? La mossa potrebbe essere quella di usare un volto femminile. Non potendo utilizzare la giovanile beltĂ  delle sue ministre (sia detto senza ironia) Boschi e Madia ha pronto la classe da gran signora della senatrice Finocchiaro, storica dalemiana, impeccabile capo gruppo, corretta presidente della commissione affari costituzionali e si dice gradita anche a Berlusconi. Un altro un altro dei nomi favoriti.

Speriamo che la divina provvidenza ci eviti improvvisazioni, colpi di scena, boutades giovanilistiche; mi raccomando, non siamo a masterchef. Garantiamo agli italiani un buon usato sicuro. 

Quando la pietas svanisce: pietĂ  per i vinti

17 Dic
17 Dicembre 2014

Michelangelos_Pieta_5450_cut_out_detalleCi sono due episodi recentissimi su cui val la pena meditare.

Il primo è il linciaggio a cui è stata sottoposta l’onorevole del Pd Micaela Campana, messa alla gogna per un sms a Salvatore Buzzi spuntato dalle intercettazioni. I suoi, secondo l’accusa, sarebbero stati toni troppo “amichevoli”, anche se, come pare, rappresentassero un modo di comunicare usuale per la deputata.

Il secondo, riguarda invece l’ex presidente della Regione sicilia, Totò Cuffaro, a cui non è stato permesso di vedere l’anziana madre, in precarie condizioni di salute. Perché? Secondo il giudice di sorveglianza, quest’ultima ha il morbo di Alzheimer e questo svuoterebbe “di significato” il “colloquio” poiché sarebbe “pregiudicato in soddisfacente momento di condivisione”.

Entrambi gli episodi, purtroppo, segnalano un imbarbarimento generale del Paese a cui vorremmo non dover assistere.

Lo Stato paghi i suoi debiti

06 Dic
6 Dicembre 2014

La politica è la grande passione del Professore. Su questo tema verte l’intervista concessa al Direttore di Canale 3 Toscana Franco Masoni. Le considerazioni del Professore sono di stringente attualitĂ , a maggior ragione dopo l’appuntamento regionale in Calabria e Emilia Romagna, che ha visto un affluenza estremamente bassa ed un nuovo ridimensionamento delle forse moderate di centrodestra. Così Brandani:

“E’ giusto riunire l’intero centrodestra, ma ad oggi ci sono due problemi fondamentali: la persona atta a guidare questo raggruppamento, oggi è difficile individuarla, e -soprattutto- i contenuti. Per una forza moderata il tema centrale è l’occupazione, prima ancora delle tasse. Solo se i 6 milioni di persone che non lavorano trovano un loro equilibrio economico, questi potranno trovare un equilibrio di ragionamento politico”. Il Professore sembra avere pochi dubbi: se i moderati non risolveranno il problema dell’occupazione, l’equilibrio sociale del Paese sarĂ  precario specie negli anni a venire.

Per Brandani la ricetta per far ripartire l’economia è chiara, piĂą volte l’ha ribadita in Giunta nazionale di Confindustria: “occorre che lo Stato paghi chi ha lavorato per lo Stato, perchĂ© è assurdo che delle aziende falliscano (ingrossando le file della disoccupazione) non potendo pagare i propri fornitori, solo perchĂ© a monte lo Stato non ha fatto fronte ai propri doveri”. Su tutto ciò, secondo l’intervistato, siamo ancora agli annunci.

A dormire sonni tranquilli, secondo Brandani, è Renzi, il Premier -infatti- ha per il Professore ben tre maggioranze: “quella che lo sostiene, una ancora piĂą forte con Forza Italia e un’altra ancora in cantiere con i 5 Stelle. Se Renzi non dovesse arrivare al 2018 sarĂ  solo per sua volontĂ , perchĂ© l’Italicum è una legge estremamente a lui favorevole nell’afasia dell’area moderata”.

Staff

Appunti democristiani per l’elezione del capo dello Stato

04 Dic
4 Dicembre 2014

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Il sistema De Mita”

Nel 1985 Francesco Cossiga venne eletto Presidente della Repubblica alla prima votazione grazie a quello che fu comunemente definito “il sistema De Mita”.

Ciriaco De Mita, segretario della democrazia cristiana, fece presente alla direzione nazionale del suo partito che si poteva usare il sistema che lui riteneva corretto del più ampio coinvolgimento possibile delle forze politiche oppure l’idea (caldeggiata per la prima volta in una elezione presidenziale da Giuseppe Saragat) che maggioranza di governo e maggioranza per l’elezione del presidente dovessero coincidere.

A Forlani, vice presidente del consiglio e candidato naturale di Craxi, l’Onorevole De Mita fece presente che la scelta dell’una o dell’altra modalità non era affatto neutra. E Forlani con signorilità convenne di andare avanti nella ricerca della più ampia convergenza possibile.

De Mita, in un colloquio riservato, propose a Natta, segretario del partito comunista, il nome di Andreotti ma questi rispose che non ce l’avrebbe fatta a portare il suo partito sul nome dell’allora ministro degli esteri esprimendo però grande considerazione per il metodo De Mita e per la conseguente richiesta di rose di nomi.

De Mita riferì ad Andreotti lo stato dell’arte e ebbe da quest’ultimo il via libera a procedere nel suo metodo.

Incontro conclusivo fu quello con il presidente del consiglio Craxi, il quale, dopo una attenta disamina, arrivò a concludere che l’unico che aveva chance era l’onorevole Cossiga.

Iniziò allora il lavoro di richiesta delle terne di nomi a tutte le forze politiche. Tutte inserirono nella loro terna il nome di Cossiga meno una, irremovibile. Era il partito liberale. Alla fine De Mita riuscì nel miracolo di convincere anche il gruppo dirigente liberale. Non si è mai saputo come abbia fatto. Qualcuno sussurra che avesse fatto balenare l’ipotesi di una successiva nomina a senatore a vita per Giovanni Malagodi che peraltro l’avrebbe ampiamente meritata.

La cosa poi a dire il vero non si verificò.

Fu così che Francesco Cossiga divenne capo dello Stato alla prima votazione senza colpo ferire.

Alberto Brandani

Presidente Fondazione Formiche

Foto: Pizzi