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Nei diari di Bernabei il rapporto tra Fanfani e Moro. Prima distante e poi…

14 Mag
14 Maggio 2021

Alberto Brandani recensisce il libro “Ettore Bernabei il primato della politica – La storia segreta della Dc nei diari di un protagonista” edito da Marsilio e scritto dal giornalista Piero Meucci. “Un’esperienza unica leggendo e trascrivendo i diari scritti da Bernabei dal 1956 al 1984”

Di Alberto Brandani, da Formiche.net

Cade in questi giorni il centenario della nascita di Ettore Bernabei. Inutile ricordare che Bernabei, fiorentino di origine, è stato direttore generale della Rai dal 1961 al 1974, ha scoperto i più famosi volti della televisione italiana come Enzo Biagi e Umberto Eco, e ha lavorato con politici quali Amintore FanfaniAldo MoroGiorgio La Pira ed Enrico Mattei.

L’uomo è stato in realtà il più stretto e ascoltato consigliere di Amintore Fanfani, condividendone e orientandone scelte e decisioni. È in questo spirito che sono in corso molte iniziative sia nell’ambito televisivo sia in quello editoriale. “Ho fatto un’esperienza unica leggendo e trascrivendo la prima serie dei diari scritti da Ettore Bernabei dal 1956 al 1984. Di fatto sono una pignola registrazione di tutto ciò che lui ha vissuto in prima persona in quegli anni, dai dibattiti controversi all’interno della Dc alla sua attività giornalistica presso Il Giornale del Mattino e in Rai fino ai delicati colloqui con le alte gerarchie vaticane. Questo libro non è un saggio e non è neppure un romanzo; è un libro di tecnica giornalistica di base di analisi e commento dei diari. L’idea è stata di Gianni e dei suoi fratelli per rendere omaggio al padre nell’occasione dei 100 anni dalla sua nascita, il prossimo 16 maggio 2021”.

Queste sono state le prime parole di Piero Meucci, autore del libro “Ettore Bernabei il primato della politica – La storia segreta della Dc nei diari di un protagonista” edito da Marsilio nella collana “Gli Specchi”, nel corso del nostro incontro a cui ha partecipato anche Giovanni Bernabei, figlio di Ettore e manager della Lux Vide, la nota società italiana di produzione televisiva e cinematografica fondata dal padre. Meucci è un giornalista professionista, ha lavorato fra l’altro per il gruppo Il Sole 24 Ore e per l’agenzia Ansa ed è autore di vari libri di giornalismo, politica ed economia. È presidente di Arcton, l’Associazione degli Archivi Cristiani dei Toscani del Novecento.

Vediamo prima di tutto cosa aggiunge questo testo di nuovo sulla figura poliedrica di Ettore Bernabei, giornalista, politico, imprenditore, rispetto ai due precedenti volumi “L’uomo di fiducia. I retroscena del potere raccontati da un testimone rimasto dietro le quinte per cinquant’anni” di Bernabei e Giorgio Dell’Arti e “Permesso, scusi, grazie. Dialogo fra un cattolico fervente e un laico impenitente” di Bernabei e Sergio Lepri. “L’uomo di fiducia” è un libro di fine anni Novanta e narra le vicende da una prospettiva temporale diversa rispetto ai diari e “Permesso, scusi, grazie” è una integrazione dei diari da cui si evincono i risultati concreti. I diari sono invece, e qui sta tutta la loro particolarità, una specie di alambicco da cui escono pillole di storia.

Vogliamo ad esempio per il lettore incuriosito raccontare del rapporto tra Fanfani e Moro. La descrizione e l’evoluzione del rapporto fra Fanfani e Moro, tra stima e diffidenza, amicizia e concorrenza, il cui anda­mento discontinuo si riflette con grande precisione nelle note dell’osservatore Bernabei.

Citazione: “Ho dovuto constatare an­cora una volta che anche gli uomini di intelligenza supe­riore e investiti di grande responsabilità si comportano fra loro con gli stessi complessi, le stesse debolezze, incertezze dei piccoli uomini, aggravati però dal controllo sull’impul­sività e dal rapporto continuo delle molte informazioni. Così per la timidezza, la gelosia, il sospetto che l’altro faccia un gioco personale e contrario: tra Moro e Fanfani non esiste un colloquio umano, confidenziale, ma un rapporto ufficiale, burocratico formalmente rispettoso, anche corte­se, ma sostanzialmente privo di polemica. Lui è persuaso che per guadagnare voti la dc deve con chiarezza valoriz­zare la scelta fatta con il centrosinistra e mostrare i vantag­gi per il futuro. Uniti sono una forza considerevole, mentre divisi rischiano di cadere uno dopo l’altro sotto l’azione dei dorotei”.

Ma correvano gli anni sessanta. I rapporti umani fra i due grandi statisti si sarebbero affinati e lo vediamo sempre nei diari. Basti pensare che Moro fu l’artefice del patto di Palazzo Giustiniani che riportò Fanfani segretario nazionale della Dc negli anni ‘70 e fino al drammatico referendum sul divorzio del 1976. E come non ricordare che nella disperata e continua ricerca di una via di uscita Fanfani cercò in tutti i modi di salvare la vita dello statista Dc prima rapito e poi assassinato vigliaccamente dalle Brigate Rosse. Il libro trasuda tutto di passione e amore per la politica, ma soprattutto è un allarme involontario per la mancanza di cultura politica che alberga ormai in gran parte dell’Italia nostrana.

Il lavoro di Meucci non tratta poi l’esperienza imprenditoriale di Bernabei come creatore della Lux Vide, diari che vanno dal 2007 al 2016. Ma per questo ci sarà tempo perché – come prosegue Meucci – è stato costituito un comitato scientifico con il prof. Agostino Giovagnoli, docente all’Università Cattolica di Milano, per studiare questo materiale. Insomma, come apparirà chiaro, queste pagine, questi diari a metà tra cronaca puntuale ed eventi storici servono a capire l’Italia dal 1946 al 1984. Certi come siamo che ciascun lettore troverà spunti di riflessione per sé e per i propri figli.

L’Europa? A gennaio c’era poco, oggi abbastanza

01 Giu
1 Giugno 2020

Dalla rivista “Espansione” – Maggio 2020

Di Alberto Brandani (sotto con Antonio Patuelli, foto di Umberto Pizzi) 

Proviamo a fare ordine nel rapporto tra l’Italia e l’Europa, anche considerando l’ultimo mese con un minimo di serenità d’animo, che forse la drammatica situazione economica del Paese non sempre consente.
Uno. La Bce è intervenuta in misura massiccia, acquistando cifre ingenti dei nostri titoli di Stato (il 22% del totale) per tenere sotto controllo il famigerato spread. Si è andati oltre il teorema “tutto ciò che serva” lanciato da Draghi. Ha stanziato 750 miliardi, ma la Lagarde ha chiaramente fatto intendere che si arriverà fino a 1.000. Peraltro, ha stabilito una cosa mai accaduta prima, accettare cioè come garanzia, fino all’autunno 2021, a fronte della liquidità fornita alle banche, anche i cosiddetti titoli “spazzatura”. Contraendo il rischio delle banche, seppur temporaneamente, questo impedirà loro di ridurre i prestiti a famiglie e imprese a tassi bassissimi.
Due. Il Patto di stabilità è stato sospeso con benefici indubbi anche per il nostro Paese.
Tre. E’ stato varato il progetto Sure, un fondo da 100 miliardi per la disoccupazione in Europa.
Quattro. Si potrà accedere con il Mes a prelevare 36 miliardi (72mila miliardi delle vecchie lire), senza condizionalità alcuna, per le spese sanitarie e comunque derivanti dalla pandemia. D’altronde sarebbe irragionevole non investire questi danari nel miglioramento del sistema sanitario e anche nel ristoro dei danni che milioni di famiglie italiane hanno subito.
Veniamo infine alla riunione dei 27 Capi di Stato, che sono arrivati a immaginare dal 2021 un Fondo europeo (Recovery Fund) da 1000 miliardi. L’Italia ha chiesto che ne venga anticipato l’utilizzo e nel frattempo i Capi di Stato hanno deciso l’uso del Mes a condizioni leggere, la nascita dello strumento per finanziare la cassa integrazione e un enorme utilizzo della Banca europea degli investimenti.
Sullo sfondo il bazooka della Bce. I 27 hanno dato mandato alla commissione presieduta da Ursula von der Layen di presentare a breve una proposta per il Fondo europeo e la cancelliera Merkel ha detto sì all’uso di enormi risorse dall’Europa per tutti i Paesi, chiedendo convergenza nei diversi sistemi fiscali ed efficienza degli investimenti, quindi niente paradisi fiscali, sperperi o inefficienze.
Ci sembra che si sia fatto, sul piano della comprensione storica del fenomeno, un enorme passo avanti e che il risultato, seppur da perfezionare, sia potenzialmente positivo per la solidità della costruzione europea. Peraltro, chi abbia letto per intero il recente discorso della cancelliera Merkel al Bundestag avrà colto un concetto fondamentale e cioè che nessuna nazione europea è un’isola e che anche la grande Germania è grande in Europa e non può fare a meno dei Paesi del Mediterraneo. Ai molti che consideravano la Merkel in una sorta di strascicato crepuscolo, sembrerà invece che al passaggio decisivo la cancelliera abbia riconfermato la capacità di tenere insieme il tessuto unitario europeo e pure le dinamiche della Germania. Il “coronavirus” ha forse accelerato la capacità di comprensione di tutti. L’Italia per parte sua deve far vedere con forza che ha voglia di produrre ricchezza per poter tornare a distribuirla e che non si affida solo ai sussidi europei. Il dibattito se una parte del Fondo europeo possa essere a fondo perduto non deve trarre in inganno: il nostro Paese non può farcela da solo, ma nulla vieta che, ottenuto tutto il possibile dall’Europa, si pensi anche all’emissione di titoli di Stato trentennali a un tasso di interesse fisso esentasse, da proporre prima ai risparmiatori italiani, poi alle istituzioni finanziarie nazionali e solo in piccola parte della Bce. La vecchia proposta del Ministro del Tesoro Tremonti, ripresa poi da Giovanni Bazoli, può essere sempre un’utile carta di riserva.
Concludendo, dal 1° giugno saranno pronti 540 miliardi. Per l’Italia si tratterebbe di una prima colossale dote: 20 arriverebbero dal fondo Sure, 34 dalla Bei e 36 dal fondo “salvastati”. Considerando che dal Recovery Fund potremmo forse attingere 200 miliardi nel 2021, ci sembra di poter dire che, se a gennaio l’Europa c’era poco, oggi, 5 maggio, potrebbe esserci.

“L’Italia del fare”, relazione introduttiva del Prof. Alberto Brandani

25 Gen
25 Gennaio 2019

La relazione introduttiva del Prof. Alberto Brandani al Convegno “L’Italia del fare: infrastrutture e crescita; banche e competitività; il ruolo delle fondazioni bancarie”.
Il video è stato realizzato da Radio Radicale. L’intero Convegno è disponibile qui.

“L’Italia del fare: infrastrutture e crescita; banche e competitività; il ruolo delle fondazioni bancarie”

22 Gen
22 Gennaio 2019

Si è svolto Mercoledì 16 gennaio, presso la Biblioteca Angelica di Roma, il convegno dal titolo “L’Italia del fare: infrastrutture e crescita; banche e competitività; il ruolo delle fondazioni bancarie” organizzato dalla Fondazione Formiche e Federtrasporto. Ad introdurre l’evento è stato Alberto Brandani, presidente di Federtrasporto, al quale si sono poi susseguite le relazioni di Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, Fabrizio Palenzona, a capo di Aiscat e Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria.
Tra gli intervenuti, inoltre, nel corso della mattinata si sono susseguiti Antonio Patuelli, Presidente Abi, l’editorialista Angelo De Mattia e Matteo Mellei Vice Presidente ACRI.
Ha concluso i lavori Antonio Fazio, già Governatore della Banca d’Italia.

Visualizza tutte le foto di Umberto Pizzi

“L’Italia del fare: infrastrutture e crescita; banche e competitività”. Invito al Convegno

21 Dic
21 Dicembre 2018

Il Prof. Brandani, Presidente Federtrasporto, all’assise di Verona: “Le proposte di Confindustria alla Politica”

17 Feb
17 Febbraio 2018

Il prof. Alberto Brandani, Presidente di Federtrasporto, intervistato dal Tg5 a margine dell’Assise Generali di Confindustria tenutasi a Verona.

La sacralità del lavoro

30 Apr
30 Aprile 2017

Notarelle pasquali (1)

Si è fatto in questi giorni un gran discutere per l’apertura dell’outlet di Serravalle il giorno di Pasqua. Al di là della specificità religiosa che non è in discussione ci sembra che il tema sia stato affrontato in modo completamente errato.

Punto primo siamo in presenza della più grave crisi economica degli ultimi 100 anni; punto secondo la sacralità del lavoro e la dignità del lavoro sono a fondamenta della nostra Costituzione; punto terzo in questi maxi ponti si è registrato il tutto esaurito e il mondo che attiene il turismo, i negozi, i pubblici esercizi comprese la attività trasportistiche, ha funzionato a pieno ritmo.

Purtroppo per noi chiudono centinaia di aziende al mese. Pur con grandi sacrifici delle persone, vogliamo però cercare di tenere aperto ciò che funziona? In quei giorni alberghi, ristoranti, negozi, supermercati tutto era affollato. Il modello sociale sbagliato è quello che non crea lavoro. Siamo onesti, discettare di consumi può andare bene nelle società opulente.