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L’autogol della sinistra sull’abbraccio Boschi-Pisapia

27 Lug
27 Luglio 2017

Matteo Renzi ha ragione a tenere in gran conto Maria Elena Boschi: con i suoi sorrisi ha mandato in tilt l’intera compagine di sinistra. Alla Festa dell’Unità di Milano, Giuliano Pisapia e la Boschi si sono affettuosamente salutati. Cordiale lei, gran signore lui. Solo qualche foto e il tutto sarebbe passato nella calura estiva ma le sentinelle dell’ortodossia leninista vigilavano e per cinque giorni il povero Pisapia è stato preso a sassate (metaforiche e non). Tutti i fuorusciti dal Pd si sono scatenati in questo colossale autogol compreso il di solito mite Bersani. Solo D’Alema si è ricordato che il silenzio è d’oro. Anche uomini intelligenti come il presidente della Regione Toscana Rossi sono caduti nella trappola. Si è discettato persino sull’intensità dell’abbraccio. Roba perfetta per il settimanale di gossip Chi ma non per una forza politica che vorrebbe scardinare Renzi.

Ma cosa si pretendeva da Pisapia, un signore che ha fatto il sindaco di Milano con l’appoggio determinante del Pd e che ha in piena coscienza votato sì al referendum? Volevano il volto buono della sinistra? Pisapia appunto, ma non ci si può poi lamentare se non è un inflessibile Saint Just.

Tre cose emergono da questo episodio quasi rosa. Primo: Renzi non sopporta Bersani & company (e si sapeva) ma gli altri detestano Renzi in un modo totale e apparentemente anche irragionevole. Secondo: Pisapia è un signore che ha rinunciato a rifare il sindaco di Milano e si è già stancato al solo pensiero di riunioni tipo comitato centrale. Terzo: la Boschi oltre che bella (due terzi dei giovani italiani si vorrebbero fare un selfie con lei per inondare poi la rete) ha dimostrato di essere anche brava e di conoscere la regola aurea dei fondisti della politica: sopportare ed andare avanti. Uno degli assiomi della sinistra culturale è sempre stato: meglio perdere che perdersi. In realtà una delle due cose trascina sempre anche l’altra. Dispiace che persone per bene come Bersani non colgano l’evidenza della situazione attuale.

Il Corriere della Sera, la lama tagliente di De Bortoli e la sulfurea vignetta di Giannelli

02 Ott
2 Ottobre 2014

vignettagiannelliUn esame lessicale dell’ormai famoso articolo di De Bortoli contro Renzi ci ha alla fine sorpreso: lo strumento linguistico sembra non essere di De Bortoli. Siccome vogliamo escludere che altri abbiano scritto l’articolo si può solo concludere che l’evidenza delle cose dette fosse tale da dovere cambiare anche il linguaggio. Renziani e anti-renziani commentavano nei bar… è tutto vero. La sulfurea vignetta di Giannelli su Bersani che dice è forse più incisiva del tanto osannato articolo. Si vede un Bersani di colpo invecchiato, incattivito, inciprignito con la calvizie che emana fumi infernali e che dice a se stesso: “Il mio 25? Sono voti rossi, ma con lui sono diventati verdini”. Rimandando prima a un problema etico (il furto dei voti rossi) e poi ad un problema politico (voti rossi divenuto verdini) con tutto ciò che questo comporta sul piano dell’analisi e del giudizio politico. Ai nostri pochi lettori l’arduo dilemma: poté più la tagliente lama di De Bortoli (affilata da non sappiamo quale arrotino) o la sulfurea inventiva di Bersani-Giannelli.

Alberto Brandani – Pres. Fond. Formiche