Archive for category: News

La Freccia ed un treno di libri

09 Lug
9 Luglio 2019


La Freccia è la rivista che Ferrovie dello Stato distribuisce mensilmente, in 85mila copie: sulle Frecce Trenitalia, nei FrecciaLounge di stazione, in alcuni selezionati hotel, in vari stabilimenti termali, agenzie di viaggio e festival. Parliamo di quasi 5 milioni di potenziali contatti al mese e si calcola che almeno un 15-20% di loro sfogli la rivista. Significa, quindi, che oltre 700mila persone ogni mese danno un’occhiata agli articoli de La Freccia. In questo contesto il direttore della rivista mi ha proposto una forma di collaborazione mensile  basata su una rubrica letteraria dal titolo Un treno di libri. La rubrica si compone di tre sezioni: la prima, In viaggio con il Prof introduce il libro del mese che consiglio a mio insindacabile giudizio; la seconda, dal sottotitolo Un assaggio di lettura, è una scelta di brani con i quali fornisco al lettore un’anteprima dell’opera scelta; la terza Lo scaffale in cui suggeriamo sei titoli al mese. Si tratta ovviamente di un lavoro in squadra tra il sottoscritto e la redazione. Sarà importante capire se i frequentatori dell’alta velocità prenderanno la buona abitudine di sfogliare queste pagine per ricavarne uno stimolo in più a leggere, a leggere e ancora a leggere.

Il Presidente di Federtrasporto, Prof. Brandani, ospite di UnoMattina

21 Nov
21 Novembre 2018

Sulle infrastrutture l’Italia è sulla buona strada. Ma l’Europa deve darle una mano

25 Feb
25 Febbraio 2018
Da Formiche.net 
Colloquio a 360° con il presidente di Federtrasporto. Dal caso Ntv al ruolo dell’Ue

I treni Italo che parlano americano, ma anche un Paese all’eterna ricerca di un giusto equilibrio tra infrastrutture efficienti, se non altro nuove, senza però sprecare denaro pubblico. E l’Europa, che non può certo starsene alla finestra mentre l’Italia cerca un rilancio nei trasporti, nelle ferrovie e nelle strade. Alberto Brandani, presidente di Federtrasporto, l’associazione confindustriale di settore, offre un’ampia panoramica dei mali che affliggono l’Italia se il tema è quello, scottante, delle infrastrutture.

Presidente, partiamo da Italo. Il 2018 si è aperto con un’operazione industriale di peso, come non se ne vedevano da tempo. La cessione di Ntv al fondo americano Gip. La convince?
La giudico una operazione industriale che il fondo americano Gip ha attentamente soppesato ritenendola interessante. Come sicuramente ricorderĂ , si tratta di un fondo che ha a disposizione 50 miliardi di dollari per investimenti nel campo infrastrutturale. Non si tratta quindi di una operazione finanziaria ma di una partecipazione squisitamente industriale.

In molti si chiedono se gli americani che hanno comprato i treni Italo potranno secondo lei apportare quelle risorse che forse mancavano nell’azienda con i vecchi soci?
Non è che ad Ntv mancassero risorse in senso stretto. Vi era un progetto di quotazione in Borsa molto avanzato. Sicuramente gli americani sono stati affascinati dall’ipotesi di creazione di un network europeo e in tal senso le loro disponibilità economiche potrebbero fare la differenza. Vorrei segnalare come questa operazione dimostri la completa liberalizzazione in Italia del mercato dell’Alta velocità. Vorrei sperare che con l’approvazione del IV° pacchetto 2020, tale liberalizzazione del mercato fosse effettiva anche nel resto d’Europa.

Parliamo delle infrastrutture, provando ad allargare il ragionamento. L’Italia continua a soffrire di un enorme gap soprattutto in quelle relative ai trasporti. Ma dove sta il problema? Forse parlare di scarse risorse da parte dello Stato sarebbe riduttivo, condivide?
Ho già avuto modo di dire che dobbiamo pensare ad un piano infrastrutturale di nuove opere pubbliche per un verso e per altro grandi investimenti nella manutenzione costante e significativa, così come nell’adeguamento delle opere già in essere non escludendo una rivisitazione del codice degli appalti che ci allinei alle best practice europee in tal senso. Assoluta priorità è da accordare alle connessioni di ultimo miglio di porti, interporti, centri intermodali e aeroporti.

Non ci dimentichiamo delle ferrovie…
Certo. Va altresì ricordato come per il settore ferroviario l’allocazione delle risorse economiche abbia visto una decisa accelerazione (si pensi che il valore delle opere infrastrutturali in corso inserite nel Contratto di Programma di Rfi, di 66 miliardi di euro, è stato finanziato per circa il 50% negli ultimi tre anni) su opere prioritarie che nel loro complesso ed in maniera sinergica risolvano almeno i punti più critici del trasporto di persone e merci.

C’è però un problema di sicurezza nella rete, soprattutto in quella regionale…
La sicurezza per il sistema ferroviario è sempre stata una priorità, senza distinzione tra tipologie di linee e di trasporto. La sicurezza si basa su tre sottosistemi: quello delle regole, quello, tecnologico e quello umano. Proprio per questo sono stati fatti negli anni ingenti investimenti in tecnologie di sicurezza: basti pensare che oggi la rete italiana è l’unica in Europa ad avere il 100% di copertura con il sistema di controllo della marcia dei treni, che ha azzerato l’incidente più insidioso che è la collisione tra treni, mentre tanta tecnologia, anche di controllo remoto dell’infrastruttura e dei treni, consente diagnosi in tempo reale o in tempi brevissimi dello stato di alcune parti critiche.

Scorporare la rete, oggi gestita da Rfi, ovvero le Fs, come fatto nel Regno Unito, potrebbe essere un’idea per alzare gli standard?
Il miglioramento continuo, che si persegue per la sicurezza mediante una costante attività di analisi dei rischi e della ricerca e sviluppo di nuovi sistemi mitigativi che riducano la discrezionalità dell’uomo, ha dato frutti tangibili, con una significativa riduzione degli incidenti certificata negli anni da tutte le analisi ed i rilievi fatta dalle Agenzie di Sicurezza. E questi risultati sono stati raggiunti con l’organizzazione attuale: scorporare la rete gestita da Rfi non è quindi una necessità o una decisione che ha che fare con la sicurezza. Visti i risultati non proprio brillanti di quanto accaduto in Gran Bretagna è in corso in quel Paese un dibattito sull’opportunità di riaccorpare rete e servizi di trasporto.

Dal ferro alla gomma. Ovvero le infrastrutture viarie. Spesso Non all’altezza di un Paese del G7. Che si deve fare?
Le autorità di governo sostengono che vi sono i progetti e i conseguenti accantonamenti economici, bisogna allora domandarsi dove sia il problema. Forse dobbiamo disboscare dal punto di vista della essenzialità l’enorme intreccio burocratico che avvolge il settore. Ma al tempo stesso dobbiamo spingere per un reperimento di risorse che coinvolga l’Europa. Un’Europa che potrebbe liberare risorse per investire in infrastrutture, ricerca e innovazione e formazione fino a 93 miliardi di euro nel prossimo quinquennio.

TeleElba racconta: “Il libro, casa comune”

08 Feb
8 Febbraio 2017

Servizio ed interviste a cura di TeleElba

Cinquemila documenti, fra libri e riviste, di cui circa tremila già consegnati e i restanti da depositare da qui ai prossimi anni. Questa la donazione del professor Alberto Brandani alla Biblioteca comunale Marcello Braccagni di Colle Val d’Elsa. Un occasione che ha riunito circa 500 persone, sabato 28 gennaio nell’Aula Magna del Palazzone del comune senese. Il fondo Brandani presso la Biblioteca colligiana era stato costituito circa vent’anni orsono. Il presidente di Federtrasporti e presidente del Premio Letterario Raffaello Brignetti Isola d’Elba , ha ufficializzato l’ulteriore donazione con una cerimonia aperta, dal moderatore per l’occasione, il direttore del Centro studi americani, Paolo Messa.

“Un momento di vicinanza – ha detto – di una cittĂ  e di un circondario nei confronti di un oggetto, il libro, «che è parte delle nostre vite”. Nel gesto di Brandani, il sindaco di Colle, Paolo Canocchi ha individuato «un segno di speranza e un atto di incoraggiamento» per la comunitĂ  locale e per una Biblioteca che si avvale anche dell’instancabile apporto di volontari, a cui Alberto Brandani ha voluto dedicare la sua donazione, sottolineandolo con enfasi durante il suo applaudito intervento. All’incontro hanno partecipato anche il direttore del Salone del libro di Torino, Ernesto Ferrero, il professor Marino Biondi, docente dell’Ateneo fiorentino oltre che critico letterario e autore di numerosi saggi, Alessandro Malandrini, presidente della societĂ  Amici dell’Arte.

Schengen, non solo un problema culturale

28 Ott
28 Ottobre 2015

immigrati-autostrada

di Alberto Brandani, da Formiche.net

Quasi al confine fra i continenti di Africa, Asia ed Europa, l’Italia con la sua singolare morfologia si immerge in un mare, il Mediterraneo, che da secoli è luogo di scambi e contaminazioni; un Paese con una storia ricca e complessa i cui principali personaggi storici – Dante, Garibaldi, Mazzei, Meucci, Fermi, … – non di rado furono esuli, rifugiati, emigranti che hanno imparato sulla propria pelle “come sa di sale/ lo pane altrui”, al pari di ogni altro esule, rifugiato o emigrante di ogni tempo. Non diversamente è andata in Europa che fino agli anni Quaranta è stata quasi esclusivamente una terra di emigrazione verso le Americhe e l’Australia. E proprio da un continente come il nostro, con una cultura solida quanto vivace e democratica, ci si sarebbe forse potuti aspettare un approccio diverso al fenomeno immigrazione, meno impaurito e sicuramente più pragmatico, ma così non è stato!
Ogni giorno migliaia di rifugiati e migranti tentano di attraversare le frontiere europee in cerca di protezione o di una vita migliore. Mai prima d’ora così tante persone avevano rischiato la vita per raggiungere il continente via mare. Nei primi sei mesi dell’anno più di 137.000 tra rifugiati e migranti sono sbarcati sulle coste spagnole, italiane e greche; secondo l’UNHCR, si tratta soprattutto di persone in cerca di protezione, in fuga dalle guerre in Siria, in Afghanistan o dalla dittatura eritrea. Sempre l’UNHCR stima che globalmente sono quasi 60 milioni le persone che nel 2014 sono state costrette ad emigrare a causa di guerre, persecuzioni, violazione dei diritti umani, ecc. ma solo una piccola parte di queste sono fuggite verso l’Europa!
Nonostante ciò quando alla freddezza dei numeri si sovrappongono le storie delle persone la realtà assume i connotati del dramma. Di fronte a questa emergenza è amaro constatare quanto sia profondo l’abisso tra l’urgenza della “crisi migratoria” ed i tempi ed i modi con cui l’Europa cerca di affrontarla. Con le frontiere sotto pressione ed i nuovi picchi negli arrivi, diversi Paesi hanno finito per ripristinare i controlli “temporanei” alle frontiere, usando la deroga prevista dagli accordi di Schengen, e dopo l’annuncio della Germania è stata la volta di Austria e Slovacchia ma, con differenti livelli di intensità, si sono accodati anche altri Paesi.
Il problema è soprattutto culturale, la libertà di movimento e Schengen sono messe in discussione ed un arretramento, o peggio ancora una implosione, su questo versante potrebbe portare a sviluppi imprevisti per la stessa UE; ma presenta anche risvolti economici e trasportistici non secondari. Sicuramente sulla fluidità di movimento delle persone, ma non solo. Le cronache ci hanno raccontato, infatti, di lunghe code di camion e rallentamenti alle frontiere che hanno determinato ritardi tali da mettere sotto pressione l’intero processo logistico che sottende alla mobilità delle merci in Europa, soprattutto per quelle che viaggiano lungo le direttrici verticali. Fatti di cronaca questi che ci fanno intuire che se entra in crisi Schengen entra in crisi anche un certo tipo di logistica che negli ultimi decenni ha fatto forza pure sulla libertà di movimento e sulla velocità di attraversamento delle frontiere dell’area.
Che ad essere trasportati siano medicinali, prodotti deperibili, poltrone o pezzi di ricambio per le auto, poco cambia! Il rispetto dei tempi di trasporto e consegna è un elemento di qualità imprescindibile nei moderni sistemi logistici in quanto si ripercuote sulle diverse fasi della produzione che seguono (o anticipano) quella del trasporto.
Il rischio è di dovere ridisegnare nelle direttrici e nelle modalità percorsi prima ampiamente strutturati con effetti che implicherebbero un ripensamento della filiera distributiva nonché, almeno nell’immediato, il livello e la gestione delle scorte. Circostanze queste, che incidendo direttamente sui costi industriali, necessariamente finiscono per ripercuotersi sui flussi di cassa delle imprese e sui prezzi per i consumatori.
Difficile quantificare le ripercussioni economiche. Una prima stima di settore ha provato a farla l’associazione delle aziende di autotrasporto dei Paesi Bassi che, nel caso venissero ristabiliti i controlli alle frontiere di tutti i confini dello spazio Schengen ed immaginando di accumulare un ritardo di un ora per ogni frontiera da attraversare, stima un danno per il solo settore dell’autotrasporto olandese di circa 600 milioni di euro. In termini di tonnellate l’autotrasporto olandese, depurato della componente nazionale, rappresenta ovviamente una percentuale significativa di quello equivalente dell’Unione europea, ma pur sempre inferiore al 13%; facile allora intuire quale potrebbe essere il costo cumulato di una eventualità del genere per l’intera Unione. Le ripercussioni per l’Italia potrebbero essere anche più importanti in ragione del fatto che proprio il mercato europeo e tedesco rappresentano le destinazioni privilegiate dell’export nazionale (la Germania, in particolare, è il primo partner commerciale per il nostro Paese, con un interscambio bilaterale che nel 2014 è stato di circa 103 miliardi di Euro).
Quello che sembra affiorare, a trent’anni dalla stipula dell’accordo di Schengen (il trattato fu firmato nel giugno del 1985, Italia vi aderì nel 1990), è una verità amara: forse tre decenni non sono bastati a creare un senso di appartenenza ad una comunità, basato su pochi principi comuni come la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto ed il rispetto dei diritti umani. E questo presenta importanti risvolti sociali, ma anche economici soprattutto in un momento in cui si tenta con difficoltà di uscire dalla lunga fase recessiva degli ultimi anni.

Quando la collaborazione delle istituzioni funziona: il caso degli immigrati alla stazione di Milano

09 Ago
9 Agosto 2015

Stazione Centrale di MilanoNegli ultimi anni la Stazione Centrale di Milano e le aree urbane ad essa limitrofe sono state caratterizzate dalla numerosa presenza di cittadini, italiani e stranieri, dediti a varie forme di microcriminalitĂ , quali la vendita abusiva di prodotti di ogni genere (specialmente con marchi contraffatti e di dubbia provenienza), borseggi, scippi e spaccio di sostanze stupefacenti.
La zona è diventata anche, in modo crescente polo di attrazione anche per persone senza fissa dimora, spesso affetti da patologie associate all’abuso di sostanze alcoliche, stazionanti negli spazi comuni dello scalo, attratti anche dalla – pur lodevole  – abitudine  di molte associazioni caritative di distribuire pasti caldi nei pressi della cosiddetta “Galleria delle Carrozze”, che costituisce il principale punto di accesso allo scalo ferroviario da parte dei passeggeri.
A tutto ciò, in forma crescente dall’estate dello scorso anno, si è sommata la presenza costante di numerosissimi profughi, prevalentemente siriani, palestinesi ed eritrei, provenienti dalle aree di sbarco sulle coste italiane a seguito delle note crisi politico/sociali occorse in Medio Oriente o degli scontri etnici presenti nel c.d. Corno d’Africa.
Tali cittadini stranieri, ancorché meritevoli di ottenere asilo e accoglienza, si sottraggono volontariamente alle procedure di accoglienza per spostarsi liberamente nel Paese e hanno assunto l’abitudine di raggiungere la Stazione Centrale per poi sostarvi quotidianamente, poiché essa costituisce un luogo considerato “strategico” per raggiungere i Paesi del Nord Europa, ove confidano di raggiungere parenti o amici già presenti in Europa, di trovare occasioni lavorative e di fruire di avanzati programmi di sostegno, sia grazie ad una rete di solidarietà diffusa nelle comunità straniere residenti, sia – purtroppo – attraverso canali illegali che sono stati, comunque, efficacemente contrastati in questi mesi dalle Forze di polizia, che hanno operato arresti all’esito di attente ed efficaci investigazioni.
Improvvisamente però Milano si svegliò con la stazione, ed in particolare il mezzanino, diventato dormitorio dantesco per centinaia e centinaia di migranti disperati. E qui scatta il valore aggiunto di Milano e delle istituzioni in generale. Sotto l’instancabile coordinamento della Prefettura si ritrovano Comune, Ferrovie dello Stato (Grandi Stazioni ed Rfi), genieri dell’Esercito e forze dell’ordine tutte.
In pochi giorni vengono attivati tre grandi punti di ospitalitĂ  in capannoni dismessi delle Ferrovie. In quattro e quattr’otto (altro che reality televisivi) i locali sono stati attrezzati, ristrutturati, integrati di tutti i servizi che un Paese civile può dare.
E come d’incanto la stazione di Milano è tornata pulita, efficiente e protetta. Se a questo si aggiunge un sistema di porte mobili di accesso che delimitano i varchi ai binari, si può dire che l’intero progetto ha fatto registrare un abbattimento di circa il 90% dei reati che normalmente vengono commessi all’interno dell’aria ferroviaria. Nè lasciatevi ingannare dai trenta migranti stanziali fuori della Stazione Centrale: sono professionisti dell’“attesa”che convivono con il buon cuore degli italiani.

Riconfermato Presidente di Federtrasporto

24 Lug
24 Luglio 2013

Alberto Brandani presidente federtrasportoDi seguito l’intervista pubblicata sul sito di Formiche.

Alberto Brandani è stato rieletto presidente di Federtrasporto Confindustria, all’unanimità dei presenti.
Già presidente di assicurazioni, banche e società quotate in borsa, Brandani è stato per due decenni ai vertici del Monte dei Paschi di Siena, poi è passato all’Anas e attualmente è consigliere d’amministrazione del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, oltre che presidente della Fondazione Formiche.

Il lavoro preparatorio della Commissione dei Saggi, composta da Umbro Bernardini (Anita), Alessandro Ricci (Unione Interporti Riuniti) e Riccardo Pozzi (Agens), aveva portato alla candidatura unica del professore Brandani.

I 15 votanti, con l’astensione dello stesso, si sono pronunciati all’unanimità: Umbro Bernardini (Anita), Aldo Francesco Bevilacqua (Assaereo), Domenico Braccialarghe (Agens), Veronica Chiodini (Agens), Paolo D’Amico (Confitarma), Salvatore A. De Biasio (Unione Interporti Riuniti), Giuseppina della Pepa (Anita), Fabrizio Palenzona (Assaeroporti), Lupo Rattazzi (Assaereo), Alessandro Ricci (Unione Interporti Riuniti), Vitoantonio Santoro (Fise), Stefano Savino (Agens), Massimo Schintu (Aiscat), Angelo Sticchi Damiani (Aci).

Per il neo presidente ci sono difficoltà urgenti che il settore deve affrontare: “Lo dico da tempo e non retrocedo. L’appello è ad andare fino in fondo su tre condizioni di base senza le quali non solo il trasporto ma le imprese non vivono, specie in condizioni di prolungata caduta della domanda interna: perseguire il pagamento dei debiti della PA con tutte le accelerazioni possibili che sono ora allo studio; monitorare l’accesso al credito; mettere in campo ogni misura in grado di favorire gli investimenti infrastrutturali per i trasporti, da quelle di finanza pubblica, appostando le risorse sulle opere pronte a partire, alle defiscalizzazioni previste, ma anche con soluzioni negoziate con i concessionari dove questo contribuisca a mantenere l’equilibrio finanziario degli investimenti senza impatti insostenibili sulle tariffe. Siamo in Confindustria: la manifattura è la grande ricchezza del Paese, ma deve essere in grado di muoversi per raggiungere i mercati, vicini e lontani”.